Ambientazioni e personaggi: in scena con il Grande Gatsby
Se si vuole parlare di ambientazione, e soprattutto di una scenografia così presente e ben congegnata da costituire un personaggio a sé, non si può non nominare Il grande Gatsby. Gatsby è il romanzo per eccellenza in cui l’ambientazione è uno dei punti focali che portano avanti la trama, che svelano il pensiero (e il vissuto) dell’autore, oltre a quello dei protagonisti.
In particolare, trovo che il capitolo in cui Gatsby viene presentato al lettore sia anche quello in cui l’ambientazione svolge il ruolo primario.
Il protagonista
Il capitolo dedicato a lui si apre come un inno allo sfarzo e all’alcol. Vediamolo insieme:
Giungeva musica, nelle notti estive, dalla casa del mio vicino. Nei suoi giardini blu, uomini e donne andavano e venivano, come falene, tra i pettegolezzi, lo champagne e le stelle. Durante l’alta marea del pomeriggio, avevo visto degli ospiti tuffarsi dal pilone di ormeggio, o prendere il sole sulla sabbia bollente della sua spiaggia, mentre due motoscafi solcavano le acque dello Stretto, trainandosi dietro degli acquaplani su cascate di schiuma. Nei week-end la sua Rolls-Royce diventava un omnibus che trasportava gente da e per la città, a partire dalle nove di mattina fin’oltre mezzanotte, mentre la sua station-wagon scorrazzava come un vivace insetto giallo, per non perdere l’arrivo di un solo treno. Poi, il lunedì, otto persone di servizio più un giardiniere extra, ripulivano per tutto il giorno con ramazze, spazzoloni, martelli e cesoie, riparando i danni della sera prima. Ogni venerdì arrivavano, da un fruttivendolo di New York, cinque casse di arance e limoni – ed ogni lunedì le stesse arance e gli stessi limoni uscivano dalla porta sul retro in piramidi di bucce senza polpa.
Di questa fastosità le frasi più emblematiche sono proprio le prime:
Giungeva musica, nelle notti estive, dalla casa del mio vicino. Nei suoi giardini blu, uomini e donne andavano e venivano, come falene, tra i pettegolezzi, lo champagne e le stelle.
Soprattutto se messe in contrapposizione con Gatsby stesso, protagonista indiscusso del romanzo, sebbene non sia lui a narrare la vicenda. Difatti, in quest’atmosfera di pura esagerazione, di luci e lustrini, di voglia d’infrangere le regole (del buon senso, soprattutto), ecco che Gatsby si distingue come l’unico che non beve, l’unico che non si lascia andare ai bagordi, l’unico che non viene “toccato” da ciò che di malsano lo circonda.
La descrizione di Gatsby
Vediamo come viene descritto:
i miei occhi caddero su Gatsby che se ne stava da solo sulle scale di marmo a guardare i vari gruppi, ad uno ad uno, con aria d’approvazione. La pelle abbronzata e tesa donava un aspetto attraente al suo volto mentre i capelli scuri davano l’impressione di essere curati ogni giorno. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a scorgere nulla di misterioso in lui. Mi chiesi se il fatto che non stesse bevendo, lo aiutasse a distinguersi dai suoi ospiti, poiché mi sembrava che col crescere dell’ilarità generale, lui assumesse un tono più composto. Quando la Jazz History of the World fu terminata, alcune ragazze poggiavano la loro testa sulle spalle degli uomini con aria gioviale, da cucciolo, altre si lasciavano cadere scherzosamente tra le braccia di altri uomini, anche in gruppi, sapendo che qualcuno avrebbe fermato la loro caduta – ma nessuna si lasciava cadere tra le braccia di Gatsby, nessun caschetto francese poggiava sulla sua spalla e non si formò nessun quartetto, con lui in testa per una strofa.
Un’opulenza, dunque, ostentata ma non vissuta da Gatsby, a differenza del mondo attorno: un mondo che vive quell’abbondanza e quella dissoluzione in prima persona.
E poi ancora, ecco l’ambientazione che rafforza l’idea di questa apparenza ostentata, di questo sfarzo e di queste luci che sono in realtà una grande bugia.
La stanza, molto grande, era gremita di gente. Una delle ragazze in giallo ora stava suonando il piano e davanti a lei una signora giovane e alta dai capelli rossi, di un famoso coro, si esibiva in una canzone. Aveva bevuto una gran quantità di champagne e mentre cantava doveva aver pensato, purtroppo, che tutto era davvero triste.
Chiasso, esagerazione, oro… e tristezza. In contrapposizione sempre con Gatsby:
Notai che indossava il suo abito da sera, al pari di tutti i suoi vestiti, come fosse un abito sportivo – c’era un allegro dinamismo nei suoi movimenti, quasi avesse imparato a camminare sui campi da golf in mattine limpide e frizzanti.
Gatsby si veste come gli altri, si mostra come gli altri… eppure è diverso, è più spontaneo, più semplice, più puro.
In conclusione
Da cosa è data dunque l’ambientazione di un romanzo? Dalle sue atmosfere e dai suoi luoghi reali e metaforici. Possiamo avere un’ambientazione cupa, chiusa, fatta di ambienti circoscritti e stretti, magari senza finestre, senza luci, con pochi suoni. O scenografie come nel caso di Gatsby che sono ariose, brillanti, sfarzose, in netto contrasto col marcio che nascondono.
Ad ogni modo, le ambientazioni non possono avere un ruolo marginale, non possono essere slegate ai personaggi, alla trama e soprattutto a ciò che si vuole raccontare, alle sensazioni che si vogliono far provare al lettore. L’ambientazione deve essere complice della trama, deve assurgere una funzione, deve mettere in evidenza le emozioni dei personaggi che la vivono. E soprattutto non deve essere “sostituibile”. Se posso sostituire un’ambientazione con un’altra senza che trama e personaggi cambino, allora vuol dire che non ho fatto un buon lavoro. Perché i personaggi sono ciò che sono proprio perché vivono, si muovono, respirano, amano in quella precisa ambientazione, il quel preciso periodo storico e in quella precisa location.
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